La prima volta che son stata davvero intelligentissima, avevo circa otto anni, mia madre mi chiese di andare ad imbucare la domanda per le case popolari.
Io andai alla vicina buca delle lettere in Piazza Vittorio, di fianco c'era un cestino per le cartacce.
La domanda per le case popolari andò a finire in quest'ultima buca.
Non le ho mai rivelato questa cosa, neanche quando la sentivo lamentarsi che questi non le rispondevano ma, soprattutto, non me ne sono mai pentita!
Quando si liberò di me, finalmente ebbe la tanto desiderata casa popolare di cui riuscì a lamentarsi quel primo giorno che andai a trovarla all'ospedale, le chiesi com'erano i suoi
vicini e lei mi disse:
"Gente da case popolari"....
Brrrrr.....
Il giorno in cui è mancata, mi accorsi che dal comodino dell'ospedale era sparito un borsello che credo contenesse tutti i suoi averi comprese chiavi di casa e documenti e mentre le infermiere mi rincorrevano con la sua dentiera in mano, io denunciavo questa sottrazione ma non venivo presa molto in considerazione seppure una delle infermiere al sentirmi chiamare Tatiiiii, andò in brodo di giuggiole dicendo:"Tati, Tati, c'è solo un Tati...." e fece tutta la corsia per raggiungerlo con mano sulla fronte Eleonora Duse Style; era una cliente di Dai Chi.
La novità (per me), parlando con dottori e affini era che mi si rivolgevano chiamandomi unica erede....
Cazzo, credevo quel sostantivo sarebbe mai stato mio: erede, eredità, EREDITIERA!!!!
Anche se sapevo che mamma non versava in condizioni nababbiche, la parola ereditiera mi faceva sentire ricca!
Siccome da ex delinquente so che non è buono che chiavi di casa vengano trovate in compagnia dell'indirizzo (contenuto nel documento) e visto che al posto di polizia dell'ospedale c'era nessuno, Tati, più sveglio di me, decise che dovevamo cambiare la serratura.
Chiamò due fabbri e ci dirigemmo verso questa famosa casa popolare: Corso Grosseto angolo via Cigna.
Tralasciamo che per me quella non è Torino ma quasi Milano, lo choc fu forte!
Truzzi come non se ne vedono neanche il sabato pomeriggio in centro o in Via Garibaldi, vicini di casa di ogni nazione che giungevano a frotte per conoscermi, dirmi che mia madre era chiamata la rompipalle e per chiedermi se sarei subentrata io nella casa.
Brrrr....
Bambini che urlavano in cortile, adulti che gridavano dal terzo piano e musica rumena ad animare il quartiere.
Brrrr....
I fabbri trovarono duro annientare la serratura, mia madre era praticamente barricata in casa e quello che doveva essere un lavoretto semplice durò quarantacinque interminabili minuti durante i quali io ebbi diversi down, vuoi perchè è normale avere dei down quando ti muore la mamma, vuoi per altre paure particolari delle quali la principale era:
"Minchia Tati, dovrò mica ereditare pure la casa?"
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